Benvenuto in questo blog, nato per chi ama le icone, per chi vorrebbe conoscerle (chi parte da zero e chi ne è già stato conquistato), per chi vorrebbe condividere un tempo di preghiera davanti all'icona e per chi avrebbe il desiderio di arrivare a "scriverne" una... e poi tante altre.

lunedì 29 agosto 2016

«L’angolo bello, il terremoto e Dio»

Nelle case dei fratelli cristiani d’Oriente è presente l’«angolo bello». Si tratta dell’angolo dove, nella casa, viene appesa un’icona. È quell’angolo che, grazie all’icona, apre la stanza all’aldilà, al mondo di Dio e fa arrivare nella stanza del quotidiano lo sguardo divino che traspare attraverso la luce dorata dell’immagine sacra. In questi giorni in cui «terremoto» è la parola che (purtroppo) la fa da padrona, non si poteva far finta di niente e continuare a parlare solo di icone, come se niente fosse accaduto.

Mi chiedevo se in quelle case crollate vi fosse un «angolo bello», o, perlomeno, un’icona, un santino, un’immagine sacra, spazio della devozione, cercata o ignorata, comunque «presenza», che, nonostante tutto, rivela qualcosa del volto di Dio, anche in una situazione drammatica come questa. Tante volte si parla di «immagini miracolose» e, tante volte, anche in riferimento alle icone; di fronte ai morti sotto le macerie, magari proprio accanto a quello che era l’«angolo bello» della casa, sbriciolato dalle forze della natura, le immagini sacre non smettono di rivelare il vero volto di Dio: un Dio che rimane sotto le macerie, che non fa «il» miracolo (almeno quello che tutti avrebbero voluto) e che lascia l’uomo libero di dubitare di Lui.
Le mura domestiche, prima interfaccia della fiducia e della relazione tra uomo e mondo, crollano e crolla anche quel volto di Dio che ci immaginavamo in alto a proteggere e salvare i suoi figli con una bacchetta magica (come pensavano e gridavano, già duemila anni fa, i passanti sotto la croce su cui Cristo era appeso e che, a ben vedere, è la stessa prova e la stessa tentazione, seppure in forme diverse, che si ripresenta anche oggi: «scendi dalla croce e noi ti crederemo»), mentre Lui è sotto le macerie, in silenzio, nel buio di quegli inferi che attraversano la vita in modo così repentino e inaspettato, ma sempre doloroso.
Sembra quasi che Dio ci offra un’occasione per dubitare di Lui, che non si tiri indietro da questo rischio… Vorrei provare a rigirare la medaglia: scorriamo i fatti di cronaca che, fino ad un giorno prima del terremoto, i telegiornali ci presentavano (guerre, bambini fatti esplodere, immigrati annegati in mare, omicidi, violenze)… Di fronte a tutto questo, quali motivi avrebbe avuto Dio per continuare a fidarsi dell’uomo, a gioire della creatura uscita dalle sue mani, alle quali aveva affidato il mondo (perché lo abitasse e lo custodisse), la moglie e i figli?
Ecco che, allora, anche le macerie del terremoto, nella loro desolazione e bruttura, paradossalmente, forse possono diventare una sorta di «angolo bello», in cui Dio, di fronte alla tanta solidarietà e operosità, sul campo o a distanza, che vede emergere dalle mani dell’uomo, può ancora tornare a fidarsi di lui, a gioire della sua creatura, a contemplarne il suo volto più autentico e più bello, così come l’aveva creato e desiderato: quello della fiducia, quello della speranza e, soprattutto, quello della carità.
Anche sotto le macerie del terremoto, non cessa di esistere un «angolo bello», dove non sono più le immagini stampate, scolpite o dipinte, ma l'uomo stesso che rende presente Dio.

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