Dedicato a tutti quelli che vorrebbero provare a scrivere icone, ma hanno paura di non esserne capaci.
Quando arriva il 20 di agosto non posso non ricordare una sorta di «anniversario» importante: infatti il 20 agosto del 2007 partecipai al mio primo corso di iconografia, che durò nove giorni.
Emozionata come il primo giorno di scuola della prima elementare (ci capiamo: l’emozione della «prima volta» per qualunque cosa è impagabile), mai preso in mano un pennello, davanti a quella tavoletta bianca sulla quale avrei dovuto rappresentare il Signore; con me i compagni di corso, il maestro, i «bravi» (non quelli dei Promessi sposi, ma i veterani del corso avanzato, impegnati con l’icona della Trinità) che guardavo con ammirazione, dicendomi «allora ce la si può fare».
Dopo questi nove giorni, portai a casa la tavoletta con l’immagine del Pantocratore, finita (verniciatura a parte): nel corso del lavoro mi ritrovai ad essere abbastanza in difficoltà, per non dire disastrosa, ma, alla fine, la tavoletta che avevo realizzato e che guardavo e riguardavo, mi sembrava un «Rublëv». Il difficile, però, doveva ancora arrivare, infatti la vera prova del nove è quando torni a casa e provi a rifare la stessa cosa da sola, senza maestro di fianco a risolverti ogni problema. Se si ha la tenacia di andare avanti, nonostante tutto, allora poi si parte e, alla prima icona, ne segue anche una seconda, una terza… decine di icone, decine di «prime volte».
Perché scrivo questo? Perché spesso in tanti mi dicono che proverebbero volentieri ad approcciare l’iconografia, ma poi si scoraggiano di fronte alla consapevolezza di non essere portati per il disegno.
Coraggio! Anche io ho iniziato senza conoscenze o capacità pregresse (niente corsi di pittura o istituti d’arte, per capirci: il 20 agosto 2007 presi in mano per la prima volta il pennello… e niente avrebbe fatto pensare il contrario). Oggi, quando (con difficoltà e raramente) trovo il coraggio di riguardare la mia prima tavoletta dipinta, la trovo decisamente brutta, anche se carica di significati; però è proprio a partire da questa bruttezza «tecnica» che gusto con gioia il cammino fatto (non da sola) e mai finito e che voglio incoraggiare chi vorrebbe buttarsi in questa avventura, o almeno provare.
Circa un anno e mezzo dopo il primo corso (cui ne seguirono altri), arrivai a dipingere («scrivere», se vogliamo essere più corretti), sotto la guida preziosa del maestro, la mia prima «festa» (l’icona della Natività): le prime montagne, i primi tanti personaggi con tanti colori da mettere insieme, la prima grotta, i primi angeli… Toccavo il cielo con un dito! E infilarsi il grembiule da lavoro penso fosse come infilarsi l’abito da sposa o la maglia rosa. Grazie a Dio, anche oggi è ancora così, ogni volta che inizio un lavoro: a scrivere icone è sempre la prima meravigliosa volta.
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