
(Giovanni Damasceno).
Sono passati alcuni secoli da che Giovanni Damasceno ha scritto queste cose così sensate.
Oggi,
le immagini di carattere religioso non si contemplano più sulle pareti delle
chiese, ma nei messaggini di WhatsApp, sulle pagine condivise via Facebook e su
Instagram.
In questo modo circola tantissima informazione di carattere diciamo
così «grafico-religiosa» e si raggiungono moltissime persone, perché è più
facile invadere lo schermo di qualcuno che portarlo in chiesa; si perde il
contatto con un’immagine reale, fatta di legno, pietre macinate, uovo, vino,
oro (vi rimando a qualche post fa: «andare a Dio attraverso le cose»), carne e
spirito di un’icona, che richiede giorni di lavoro e anni di apprendistato, ma
si ottengono immagini partorite direttamente dai programmi informatici, con
sovrapposizioni ed accostamenti impossibili: pochi minuti, pochi click… ma
molto kitsch.
Vorrei
però sentire un tuo parere, caro Giovanni Damasceno: tu che di immagini sacre
te ne intendi e che dal cielo vedi cosa si sta producendo a livello di grafica
religiosa oggi, sai dirmi se queste immagini pacchiane, dai colori tristi e
dagli accostamenti insensati, possono ancora definirsi espressione della fede
della Chiesa? Perché, se è così, allora siamo davvero in crisi. Ti chiedo
perché nostro Signore, sua Madre e i santi con loro debbano venire
rappresentati attraverso immagini prive di senso, di buongusto e, soprattutto,
prive di verità e di bellezza, che sono qualità oggettive e teologicamente
necessarie ad un’immagine che voglia meritare l’appellativo «sacra».
Qualche
anno fa, munita di taglierino, tirai via le famose immagini inserite nel
«nuovo» Lezionario (alla faccia dell’iconoclastia!), ne misi una trentina
mischiate sul tavolo, davanti ad alcuni amici preti, freschi di studi di
teologia e chiesi loro se sapevano dirmi, per ciascuna immagine, a quale
episodio biblico si riferisse; dico la verità: solo due immagini furono
accostate in modo corretto, e senza troppo entusiasmo. E le altre?
Le
immagini che dovrebbero esprimere la fede della Chiesa, e che non posso far
altro che definire confuse (per non dire proprio sbrodolate), tristi, brutte,
insignificanti e fuorvianti, sono un campanello d’allarme e mi fermo qui,
perché voglio lasciare spazio a ciascuno per riflettere; per farlo, suggerisco
una pista: quale immagine di Dio e quale esperienza di Lui traduce l'immagine
che ho davanti? Meditate, gente, meditate... Soprattutto prima di cliccare un
«invio».
A
fronte di tutto questo e di quello che quasi quotidianamente ricevo su WhatsApp
e su Facebook, mi metto nei panni del «pagano» di cui scriveva Giovanni
Damasceno e mi domando: vedendo queste immagini, mi verrebbe voglia di credere?
E, solidale con il fratello pagano, mi sentirei di dire al cristiano che mi ha
inviato l’immagine: se queste sono le immagini che dicono ciò in cui credi,
scusa, ma ciò in cui credi non fa per me.
Così,
a fronte di queste immagini, di questo «pagano» (anche del «pagano» che è
dentro ogni cristiano, me compresa, e che ha sempre davanti a sé una bella
fetta di cammino da fare) e dell’autentica arte sacra, che è espressione di
bellezza e di verità, cioè di Dio, credo che anche a san Giovanni Damasceno,
oggi, sarebbe venuta voglia di divenire un po’ iconoclasta.
Quell’iconoclastia
che nell’VIII secolo e dintorni volle distruggere le immagini della fede e che
Giovanni Damasceno combatté in vita e che costò a tanti la persecuzione, la
violenza fisica ed il martirio, pur di difendere le immagini attraverso le
quali al pagano veniva mostrata la fede della Chiesa, oso pensare che oggi
invece sarebbe stata da lui tanto invocata e fomentata per eliminare quelle
immagini che falsano e rovinano la fede, facendo del male al «pagano» e alla
fede, ingannando il «pagano» e la fede e allontanando il «pagano» dalla fede.
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